mercoledì 3 marzo 2010

Sogni in 35 mm #1

 "Mi sveglio, talvolta, e per un minuto non so chi sono.
Sarà così, la morte? Rincorrere tutta la notte un se stesso che fugge,
cercandosi dentro, senza trovarlo, un nome dimenticato?"

"La morte naturale non esiste: ogni morte è un assassinio.
E se non si urla, vuol dire che si acconsente."

(Gesualdo Bufalino, Diceria dell’untore)

Non parlo ormai da 99 ore. Anche se tecnicamente non è così. Forse perché l’istinto di parlare, ormai più che acquisito, è troppo forte.
Stanotte, infatti, mi sono svegliato gridando. O meglio, mia sorella mi ha riferito solo di qualche mugolio, ma a me è sembrato di aver gridato a squarciagola.
E ricordo il perché.
Stavo sognando. Come in 2001: odissea nello spazio, dopo una serie di immagini confuse e psichedeliche, ho visto me stesso vecchio, con addosso una tuta da astronauta, che mi si avvicinava in un modo che mi è parso minaccioso.
Sono proprio un soggetto pericoloso. O forse, chissà, era spaventato anche lui.
Mi sono alzato di soprassalto, a mezzo letto. La situazione era insostenibile. La conoscenza porta con sé un notevole margine di male e sofferenza. Di riflesso, ho cercato l’interruttore della lampada, dopo qualche goffo e assonnato tentativo ho acceso la luce. Mi sono guardato attorno, sicuro che non ci fosse nulla da temere, ma molto sospettoso e guardingo. Mi sono maledetto per aver parlato. Devo stare attento alle corde vocali, cazzo. Ho spento la luce a malincuore, mi sono girato dall’altra parte, e ho ripreso il mio sogno.
Mi ritrovo quasi subito, mio malgrado, su un aereo pronto al decollo. Un normale aereo di linea, solo molto più largo in avanti. Largo da poter contenere un piccolo schermo cinematografico.
Non ho il tempo di rendermi conto della situazione che stiamo già decollando. Mi affretto a cercare un posto su cui sedermi, ma le file di seggiolini, per numero e forma, sono quelle di un cinema piuttosto che quelle di un aereo, comunque presenti in ordine sparso, e non riesco a trovarne una adatta. I seggiolini da aereo sono già tutti occupati, uno, quello accanto al quale mi siedo, dalla mia ragazza. Incinta. Mi assicuro rapidamente che stia bene. L’aereo si muove, non mi resta che buttarmi alla meno peggio su un seggiolino da cinema.
Nel mentre, sulla parete di fronte a noi, che è uno schermo cinematografico, trasmettono le immagini del mancato disastro aereo che, in precedenza, ha visto tutti i passeggeri dell’attuale volo protagonisti.
Per tranquillizzarci, dicono.
















Nel controllato panico generale, che sta coinvolgendo anche me, sento, pur essendo quasi immobilizzato e predestinato, di dover fare qualcosa. E, d’improvviso, mi giro a guardare fuori dal finestrino. Notando, così, che la rincorsa per il decollo sta avvenendo in maniera normale.
Nel controllato ma diffuso panico, mentre l’aereo si stacca da terra, io mi tranquillizzo.
Penso alla potenza della persuasione e, soprattutto, del condizionamento.
È stato sufficiente proiettare qualche immagine catastrofica su un aereo in partenza, per scatenare la paura. Mi è bastato guardare la situazione reale, per calmarmi.
















Ma è solo un attimo. L’aereo, infatti, appena staccatosi da terra, compie un’improvvisa e brusca impennata verso l’alto, che giudico immediatamente eccessiva. Le cinture, che non ricordavo di avere attaccato, visto che mi ero seduto sulla poltroncina del cinema, fanno il loro dovere. Infatti l’aereo, che riesco a vedere anche dall’esterno, da sotto, decolla in verticale. In poche frazioni di secondo ci ritroviamo nello spazio, abbiamo sfiorato per un pelo una cintura di asteroidi marroni circondati da un alone blu, non minacciosa ma di certo pericolosa. Più in là si intravede un non meglio definito pianeta. Mi sento all’interno della sigla di Star Trek. The next generation, nel momento in cui la voce fuori campo dice: «Spazio. Ultima frontiera. Questi sono i viaggi… eccetera eccetera».
I piloti sembrano stupiti quanto noi di quello che è successo. Poi si guardano e si danno il cinque.
Io sono indeciso tra il congratularmi con loro per la riuscita dell’impresa fuori programma e il bastonarli sonoramente proprio per il fuori programma.
Non so cosa pensare.
A togliermi dall’imbarazzo ci pensa il sogno stesso. D’improvviso mi ritrovo a terra, in un luogo familiare e nello stesso tempo alieno.
Come un condottiero, sono alla guida dei passeggeri che stanno per assoggettarsi ad un nemico che ci viene contro puntando una pistola. I passeggeri si spaventano, stanno per disperdersi, io inizio ad incitarli, a gridare di stare tutti uniti. E in quel momento esatto il nemico, che non conosco pur avendo una faccia familiare, stende il braccio e si accinge a sparare. La folla che ho dietro tende ad allargarsi e il mio primo istinto è di fare lo stesso, anche se so già che non lo farò. Grido ancora di stare uniti, che è l’unico modo che abbiamo di sopravvivere, di vincere. Dopodiché mi butto tra la pistola e la folla. Mentre mi butto penso di evitare le pallottole, ma so che è inevitabile prenderle se voglio impedire che finiscano sugli altri. E infatti me le prendo. Tutte.
Cado a terra, facendo mentalmente un rapido check-up del mio corpo. Nel tronco ho varie pallottole, ma la mia attenzione viene catalizzata immediatamente da quella che ho tra il naso e l’occhio sinistro. Cazzo, penso, questo è un colpo mortale. Ora non mi resta che agonizzare per un po’ e poi morirò. Cazzo, ma intanto sto bene, non provo alcun dolore, solo un leggero fastidio tra il naso e l’occhio sinistro, ah già, lì c’è la pallottola. Come sarà quest’agonia, ormai dovrei essere già agonizzante, forse già lo sono e non me ne rendo conto. Ho il viso riverso sul ciglio in pietra della strada, sembra il ciglio della strada che percorrevo quando tornavo a casa dalla scuola elementare. Il mio nemico si china su di me per controllarmi. Mi guarda distrattamente, ma non mi tocca. Cazzo, dovrei essere agonizzante e dovrei esser sul punto di morire, cazzo, fra un po’ dovrei morire.
Sto nell’attesa di questa morte imminente.
Aspetto, aspetto, aspetto.
Non muoio.


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2 commenti:

Andrea ha detto...

Eheheheheh! E' la storia che avrebbero girato i Monty Python se fossero stati ancora insieme...

Stavo pensando, però: secondo me il cinema è nato dal sogno.
Molteplicità (lasciamo stare la contemporaneità, poi...) di inquadrature, montaggio, ellissi...

VitaPotenziale2.0 ha detto...

Sarà un caso ma, prima di postare la #2, ho tolto una pseudo citazione:
"Perché racconto i miei sogni? La musica, il cinema e la letteratura non sono forse grandi sogni?
Anch’io voglio raccontare i miei."
(Federico Fellini, apocrifo)
:-)